Nel febbraio del
2010 sto camminando per le vie di Asmara, la capitale
dell’Eritrea. Ogni cosa qui testimonia
il passaggio degli italiani e nonostante i bui anni della guerra
civile, Asmara è splendida al punto da sembrare una città del
nostro sud Italia. Il clima è mite tutto l’anno, i viali sono
contornati dalle palme, vi sono moltissimi edifici in stile
coloniale ed ovunque scritte in italiano. Qui convivono
pacificamente cristiani e musulmani: vi è una prestigiosa
moschea ed una cattedrale cattolica meravigliosa, una chiesa
ortodossa ed una sinagoga... Al mercato centrale dominano i
colori sgargianti della frutta fresca e delle spezie, mentre al
mercato del riciclaggio gli operai riescono a ricavare da
materiali di scarto cose impensabili. Il mio viaggio prosegue
alla volta di Massaua con il treno a vapore. Subito dopo la
partenza dalla stazione di Asmara, posta a più di 2300 metri di
altitudine, il treno scende verso il bassopiano. La vista sulla
vallata è mozzafiato e spesso, all’uscita dalle gallerie,
guardando dal finestrino sembra di volare. Nei paesi
attraversati dalla ferrovia veniamo avvolti da gruppi di bimbi
incuriositi dal passaggio della macchina sbuffante. Le attività
dei villaggi sono principalmente agricoltura e pastorizia. A
Ghinda mi sono addentrato da solo in un variopinto mercato, dove
i rumori e gli odori ricordano l’Africa più autentica ed io,
unico bianco in tutto il mercato, mi sono sentito un poco a casa
quando un gruppo di ragazzini e bimbi mi ha circondato iniziando
a giocare con me come un fratello maggiore…purtroppo la cosa mi
ha coinvolto al punto che mi sono anche dimenticato di
fotografare…Prima di giungere a Massaua si attraversa un arido
bassopiano percorso solo da carovane di dromedari. Massaua è la
principale città portuale dell’Eritrea e trampolino per la
visita delle splendide isole Dahlak. La città vecchia è posta su
un un’isola collegata alla terra ferma da un terrapieno ed ha un
fascino particolare con la superba moschea posta al suo centro.
Purtroppo le cicatrici dei bombardamenti dovuti alla guerra con
l’Etiopia sono ancora evidenti. Ora devo affrontare il viaggio
di ritorno portando con me in Italia il famoso mal d’Africa.
Stefano Gazzoli
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