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il febbraio del 2005 ci troviamo nel nord della Cina e
precisamente nella regione autonoma della Mongolia Interna nei
pressi della città di Chifeng. Qui le temperature invernali sono
molto rigide: abbiamo trovato notti fino a -32°C e raramente la
temperatura durante il giorno è salita sopra a -10°C. Il cielo è
sempre terso e le precipitazioni sono sporadiche essendo ai
confini del deserto dei Gobi. Una notte meno fredda delle altre
attorno a -18 °C ha nevicato. La neve era finissima e tanto
secca al punto da sembrare farina alzandosi al minimo fruscio di
vento. Questa regione è attraversata dalla linea ferroviaria
Jitong che collega le città di Jining e Tongliao. La linea in
questa zona valica il passo di Jingpeng. I binari passano
sinuosi tra villaggi di casette di mattoni e fango attorno alle
quali vivono una moltitudine di personaggi: bambini dalle gote
rosse bruciate dal vento gelido, contadini impegnati nel lavoro,
carretti, oche, maiali e massaie. Nelle lunghe salite che
portano al valico di Jingpeng le locomotive sbuffano ed emettono
delle enormi colonne di vapore bianco che viene enfatizzato
dalle rigide temperature invernali. Con le locomotive a vapore
lavorano molti uomini: chi carica il carbone, chi fa
rifornimento di acqua chi pulisce i binari dal ghiaccio chi si
occupa delle lubrificazioni, chi apre manualmente i passaggi a
livello ed infine i macchinisti che sembrano minuscoli dentro
questa enormi macchine sbuffanti. Ognuno appare ai nostri occhi
fiero del proprio ruolo come in una rappresentazione teatrale
che si ripete quotidianamente, ma che presto inesorabilmente
terminerà. Ognuno di loro è conscio del fatto che col suo lavoro
sta scrivendo l'ultimo capitolo della grande storia della
locomotiva a vapore che ebbe inizio nella prima metà del lontano
ottocento e che ancora continua in questi primi anni del nuovo
millennio.